Pomeriggio.
Le ultime gocce di sole attraverso la serranda cadono sulle pareti della stanza.
Finisce l’autunno.
Il totale silenzio in cui è immerso scompare, grazie ad una esplosione di frenetica speranza
proveniente da un luogo sconosciuto.
Non ci sono domande, tutto scorre, come se tutto fosse schiavo di un flusso invisibile.
Sembra la cosa più naturale del mondo, nessun pensiero.
Nessuna riflessione su di un presente al quale facciamo caso veramente sempre quando ormai se n’è andato.
Non avrebbe dovuto, eppure, in qualche modo lo sapeva, sarebbe accaduto.
Eppure… era quasi mosso come un burattino dal destino.
Fili invisibili lo facevano sedere sul letto, immerso nell’ultima luce del giorno, chiamandola con le sue parole.
In quel momento era un diabolico suggeritore del diavolo o un angelo che donava nient’altro, se non
ciò che desiderava più che mai.
Non avrebbero dovuto parlare.
Non si sarebbero dovuti vedere.
Eppure, sapevano entrambi che era tutto quello che desideravano.
Frasi, sensazioni, fraintendimenti.
Il cuore che batte nei loro petti.
Così vicini, così lontani.
E poi di colpo, subito, lei senza indugi.
Il citofono tuonò dolcemente.
Echeggiò nell’eternità di un ricordo che non svanisce nemmeno con la morte.
Sembrava uno scherzo.
Pareva fantasia.
L’aveva veramente fatto.
Nel vederla salire scalino dopo scalino si sentiva pietrificato dallo stupore.
Non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe voluto farle…
Entrambe le sue mani erano occupate.
Un vassoio, qualcosa da bere… “…dove sei stata?”.
“Non sapevo se preferivi il salato o il dolce… e così ho girato due bar.
Il primo non mi soddisfaceva”.
L’accompagnò nella sala da pranzo.
Fingevano entrambi sicurezza, mangiando imbarazzati.
Era tutta una finzione.
In realtà, da sempre, non facevano che mangiarsi reciprocamente, senza mai essere sazi, di fronte al tempo che non bastava mai.
Entrarono in camera.
Dopo una battuta ironica per scacciare il silenzio, lei sfiorò le sue mani con quelle di lui… che le afferrarono dolcemente
mentre col bacino, col petto e le labbra la spinse facendola appoggiare quasi bruscamente alla scrivania.
Lei sobbalzò di poco dentro un suo suono di felicità.
Gli occhi socchiusi non riuscivano a trattenere in alcun modo il sorriso.
Danzavano dentro quella stanza guidati dai loro baci.
Affondarono nelle coperte del letto, come sprofondati distesi in un sogno dettato da un attimo senza fine.
Potevano sentire soltanto le loro labbra ed i loro sapori.
Nel buio la di lei passione iniziò a bruciare tutti i suoi vestiti.
Lo voleva, l’avrebbe mangiato a grandi morsi avesse potuto, con frenesia, con enfasi, con forza.
Lui perdeva le sue mani nell’accarezzarle lo stupendo corpo, mentre scompariva ogni vestito.
L’unico ostacolo che avevano, erano i loro infiniti baci.
Non riuscivano a smettere, non ne avevano mai abbastanza.
Avrebbero potuto continuare per ore e ore, e ore e ore, senza mai sapere quando e se esistesse una fine.
Nudi esploravano i caldi oceani delle loro pelli.
Non più aria, il proprio reciproco odore nutriva le loro narici arrivando fino al ventre, avidi e mai sazi dentro la loro stessa estasi.
Non si chiedevano bene il perché, non lo sapevano, non importava, erano felici.
Lei sprofondò sul suo petto, duro ed immenso, scivolando giù sulle orme lasciate dai suoi stessi baci.
La girò, la bacio immergendosi nel profumo dei suoi capelli, mentre gemeva.
Le strinse a sé e con le mani seguì tutto il suo corpo accarezzandola, dal bacino fino ai piedi.
Con le mani sulle sue gambe per un attimo si fermarono, si guardarono negli occhi e lui le disse quanto era bella.
Poi come un frenetico lampo si ritrovarono di nuovo uniti, fremiti, piccoli versi di violento amore.
Combattevano a forza di baci consumandosi l’uno con l’altro come a produrre un’unica tremenda fiamma.
Stringendo ognuno la testa dell’altro tra le mani, voraci.
Allora si mise disteso con la schiena sul letto, la girò, la sollevò sopra di lui.
Lei lo sentiva sotto, sulla schiena, caldo ed infinito.
Prigioniera delle sue braccia che l’avvolgevano, l’accarezzavano, le assaporavano i seni mentre le sue labbra la cercavano da dietro mostrando il respiro.
E così baciandosi stavano per impazzire, per sprofondare, unirsi l’uno con l’altro.
L’esplorava, con una mano dal collo, lungo la schiena fino a insinuarsi tra le curve dei suoi glutei.
L’altra scendeva lungo il suo seno per sprofondare sempre più giù nel suo infinito calore.
Si agitavano perduti dentro un turbine di piacere che mai avevano provato, senza nemmeno che lui avesse il suo ventre ancora scavato.
Era incredibile, ma ancora più incredibile e davastante sarebbe stato il loro futuro.
Scritto di getto senza riletture o correzioni il 13/11/2009.